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di Martina Palazzo
“Tessere le trame della vita che gli altri distruggono” é l’obiettivo di tutta un’esistenza di Fatima Muriel, nata e cresciuta nel Putumayo, uno dei dipartimenti piú colpiti dal conflitto armato in Colombia. Ottava di dodici fratelli e figlia di una madre indigena e di un padre bianco, ha ereditato il rispetto e l’ammirazione per la diversitá, la voglia di lottare per i diritti della sua comunità e la speranza per un mondo migliore.
Fatima oggi é una donna 74enne che vive di resistenza. Per oltre 40 anni, ha esercitato la sua professione d’insegnante in diverse scuole del Putumayo, spesso in zone remote dove i bambini venivano reclutati e addestrati dai combattenti delle FARC e dai paramilitari per essere i cattivi delle fiabe che un tempo leggevano; le donne perdevano il controllo del loro corpo troppe volte violato; i contadini sparivano misteriosamente dai loro campi.
Fatima ha visto, ma ha continuato ad educare le nuove generazioni perché soccombere alla paura avrebbe solo nutrito odio e violenza. Fatima non si é fermata neanche dopo la morte di due dei suoi fratelli, il sequestro del marito e la fuga forzata dal suo territorio.
Fatima ha creduto nel cambiamento, nella forza dell’unione e nella caparbietá femminile quando nel 2005 ha fondato “Allianza delle donne tessitrici di vita”. Un nome che giá racconta molto sulla missione di quella che oggi é un’associazione che riunisce piú di 65 organizzazioni e 3000 donne del Putumayo. Si tratta di contadine, indigene e afrodiscendenti, che lavorano per costruire una societá senza violenze di genere e senza sfruttamento delle risorse naturali. La loro é una lotta su tre fronti: difendere i diritti delle donne, promuovere una partecipazione equa e inclusiva alla vita politica e contribuire allo sviluppo economico e rurale.
Proprio in una nuova prospettiva che riequilibra il rapporto tra comunitá umana e territorio, queste donne hanno dato vita all’iniziativa “Guardiane dell’acqua”, sotto la leadership di Fatima. L’acqua, come elemento naturale essenziale alla vita, rappresenta la risorsa da difendere per resistere all’occupazione di multinazionali petrolifere e minerarie. In un Paese dove ancora si muore per difendere il patrimonio naturale, le Guardiane si uniscono per ridurre i danni ambientali prodotti dallo sfruttamento irresponsabile. Grazie al loro lavoro, nel 2017, il dipartimento di Putumayo si é dotato di una politica pubblica per le donne e di genere.
Il lavoro di Fatima costruisce nuove trame, ma ha anche ricostruito i ricordi di donne vittime del conflitto armato. Si chiamano “Murales della Veritá” e sono opere d’arte che rendono omaggio a chi ha difeso i proprio diritti rischiando la vita. Il piú grande a Puerto Asís, é composto da oltre 80.000 tappi riciclati e raffigura i volti delle donne, un tempo vittime, ora simbolo di potere e di resistenza.
Da sempre Fatima tesse le trame di un cammino verso la pace. Incoraggiata dall’entusiasmo e la convinzione delle sue compagne di lotta, questa donna non ha paura di sperare e far sperare. Perché credere nell’umanità ha ancora un senso, perché coabitare pacificamente puó essere realtà anche in Colombia.
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L’associazione “Allianza di donne tessitrici di vita” é partner del progetto “CoLoRes – Comunità Locali Resilienti. Le donne e i giovani costruiscono economie sostenibili e solidali a sostegno del processo di pace in Colombia”, finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo. Con un finanziamento di 2M €, il progetto é implementato dal consorzio di OSC italiane Coopermondo-COSPE con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle comunità locali, afro, indigene e contadine dell’Amazzonia Colombiana (Dipartimento di Putumayo), e di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e della pandemia COVID-19, in un’ottica di sostegno al processo di pace, salvaguardia della biodiversità ed equità di genere.